'Sinfonia in Do minore' di Niccolò van Westerhout
SINFONIA IN DO MINORE
di Niccolò van Westerhout
ORCHESTRA ICO SUONI DEL SUD
MARCO MORESCO direttore
La Napoli fin de siècle è un terreno di sfide e di affermazioni personali. Van Westerhout assimila le idee di Beethoven, modello di sviluppi musicali a sostegno di un rigoroso impianto dialettico, e di Brahms, del quale mutua elaborazioni tematiche abilmente incastonate. Ma c’è anche Schumann e, nei passaggi della maturità (quelli della Sinfonia in la minore, 1898), ?ajkovskij e rigeneranti ventate dell’Est europeo. L’eclettismo di van Westerhout si fonda sul presupposto della forma, coltivando una vocazione sinfonica che trasporterà all’interno del teatro musicale. E infatti il Preludio della Doña Flor (1896), la sua opera più conosciuta, altro non è che il “progetto” mancato di un primo movimento di una sinfonia che cede alle lusinghe del teatro, retta da un bitematismo che adotta la tecnica del Leitmotiv all’interno di un’impostazione strutturale che guarda a Wagner.
Il 1881 è l’anno del primo importante traguardo sinfonico di Niccolò van Westerhout con la Sinfonia in do minore in quattro movimenti, partitura di taglio classico-romantico che piacque a Franz Liszt. La scelta della tonalità nasce dalla venerazione del mitico do minore di Beethoven e si lega al Concerto per violino, anch’esso in do minore, che il compositore molese compone in quegli stessi anni. Evidenti le “parentele” sul piano armonico-strutturale tra le due partiture, frutto delle sperimentazioni giovanili di van Westerhout, omaggiato, alcuni anni prima, con giudizi esaltanti dal filosofo Antonio Tari, il quale aveva regalato al talentuoso compositore, ben rilegate, le partiture delle sinfonie di Beethoven e che a Napoli, in tempi non sospetti, gli aveva dedicato l’epistola A Niccolò Orfico dal tono aulico, in cui ne approvava il sentire al punto da far sua una metafora utilizzata da Dante nella Commedia. E così, il filosofo amico, rivolgendosi “al minosse destino”, giudice inappellabile, dirà che egli non teme l’oblio del fiume “Lete”, ma che nel “ritmo dell’universo” trova il fondamento della vita e dell’arte.
(Matteo Summa)