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Sabato, 27 Aprile 2024
Storie

Pizzo Palumbo. Storia del ciambellone pugliese che voleva essere una colomba

Un lievitato a ciambella, soffice e profumato di limone, che si prepara da secoli nella città di Lucera e in tutta la regione. Ricorda la colomba, ma per una volta non esattamente nella forma

A Pasqua, in tutta Italia, la regina della festa è la Colomba. Certamente nella recente versione lievitata — della cui invenzione a firma di un pubblicitario abbiamo scritto — ma anche in una serie di interpretazioni regionali. Che si ispirano a vario titolo al simbolo di candore, purezza e fratellanza per eccellenza. Approfondiamo qui un dolce tipico pugliese, in particolare della città di Lucera, in provincia di Foggia. Si prepara qui da secoli il Pizzo Palumbo, che letteralmente significa ‘un pezzo di colomba’: un ciambellone agrumato che per una volta non ricorda il volatile nella forma, bensì nel colore immacolato della glassa.

Pizzo Palumbo, ph. Gretel Ronchetti

Il Pizzo Palumbo, il dolce di Pasqua di Lucera

‘U pizz palumm’ è graditissimo in tutta la regione, ma come detto la sua origine è legata a Lucera. Nell’antica cittadina che ha accolto Greci, Sanniti, Romani e pure una colonia saracena ai tempi di Federico II si impastano sotto Pasqua ingredienti semplici, che raccontano di natali modesti e contadini. Farina, uova, zucchero (probabilmente, ancora prima, miele), lievito e buccia di limone. Poi, come parte grassa, niente burro ma del buon olio di oliva, come solito nelle preparazioni pugliesi. Il tutto cuoce in uno stampo forato da ciambellone e si ricopre con il nespro. Di cosa si tratta? Della glassa a base di zucchero e acqua da colare in uno strato compatto, che con il colore bianco ricorda quello delle colombe. Se non fosse, ovviamente, per le codette di zucchero che oggi si spargono sopra con generosità.

Pizzo Palumbo pugliese, ph. Ricettiamo tra amiche

La Pasqua e le colombe: la varietà in pasticceria 

L’associazione tra i dolci di Pasqua e le colombe tira in ballo i miracoli di San Colombano e qualche vicenda ambientata in Lombardia durante le battaglie di Legnano. Fuori dalla leggenda, però, ci sono ricette antiche che portano l’iconografia religiosa in cucina, anche fuori dalla ricorrenza della Risurrezione: dai palumeddi in pastaforte della provincia di Ragusa all’aceddu cu l’ovu (uccellini in pasta frolla con uova sode incastonate), ancora in Sicilia. Poi gli uccelletti abruzzesi di Sant’Antonio e un’altra tipicità pugliese, la Scarcella, che prende anche ‘forma alata’. Il punto in comune sono le liste degli ingredienti, corte e poco costose, e le tecniche di realizzazione, che niente hanno a che vedere con i procedimenti elaborati della pasticceria moderna. Ma che confermano come, da sempre, la forma del cibo e il suo contenuto portano significati che vanno oltre il gusto.

Pizzo Palumbo glassato pugliese, Ph. Primo Chef

La ricetta del Pizzo Palumbo pugliese

Per fare a casa il Pizzo Palumbo pugliese, queste sono le indicazioni (ricetta di Lucia Ianigro per Lucera.it):

Ingredienti

500 g di farina

300 g di zucchero

6 uova

Bacca di vaniglia

succo di limone

150 g di olio di oliva

1 bicchiere di latte

2 bustine di lievito

Per il naspro

200 g di zucchero semolato o a velo

1 bianco d’uovo

5/6 gocce di succo di limone

Confettini di zucchero

Procedimento

Sbattete insieme zucchero e uova (per almeno 10 minuti) in planetaria o con una frusta. Aggiungete la vaniglia, la farina, le gocce di limone, il latte, l’olio e montate ancora per 10 minuti. Incorporate il lievito continuando a frullare per altri 5 minuti.

Nel frattempo preriscaldate il forno e ungete lo stampo con olio e farina, eliminando quella in eccesso. Versate quindi l’impasto nello stampo e cuocete in forno per 30 minuti a 180 gradi.

Durante la cottura, preparate il naspro. Montate l’albume a neve e aggiungete lo zucchero. Poi le gocce di limone per aromatizzare. Una volta che ha preso consistenza spumosa, il naspro è pronto. Sfornate il Pizzo Palumbo, lasciatelo raffreddare e poi colate il naspro e spargete i confettini colorati.

In cover: Foto Crai

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