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Sabato, 27 Aprile 2024
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L’agricoltore pugliese che produce olio dalle ultime piante che resistono alla xylella

A Danilo Alfonso Prete, proprietario di Tatamà a San Vito dei Normanni, restano pochi ulivi sani. Mentre imbottiglia gli ultimi litri da varietà Cellina di Nardò, coltiva grani antichi per pasta e taralli bio

Oltre al nome, Danilo Alfonso Prete ha ereditato dal nonno un terreno di magnifici ulivi secolari a San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi. Un legame antico, quello tra la Puglia e il suo olio, che negli ultimi tempi affronta un’epidemia di Xylella che ne compromette le prospettive. “È l’ultimo anno che riusciamo a produrre il monocultivar di Cellina di Nardò, perché banalmente la pianta sta sparendo”, spiega dalla sua Tatamà. L’azienda dove si dà da fare per tutelare la biodiversità pugliese, tra gli ulivi e il grano col quale produce — grazie alla filiera che ha costruito — anche pasta, frise e taralli.

Danilo Prete, fondatore di Tatamà

Tatamà, agricoltura resiliente a San Vito dei Normanni

Ho fondato l’azienda nel 2014, ma solo due anni dopo ho trovato il nome giusto”, racconta il 40enne a CiboToday, spiegando che Tatamà “è quello che da noi si chiama ‘l’ingiuria’, ovvero il soprannome che si dà a certe famiglie. Viene da ‘tata’, ovvero ‘papà’, come tutti chiamavano affettuosamente il mio bisnonno Tommaso, abbreviato in ‘Mase’. Un modo per rinsaldare le mie radici e per ricordare come tutto parta dai suoi 500 alberi, che sta diventando sempre più difficile difendere”. Alla particella più antica Prete ha aggiunto altri ettari, in totale sei di uliveti e quattro piantati a grano varietà Senatore Cappelli, Tumminia (o Timilia) e Russello, dal 2018. “Tipi di grano duro arrivati dalla Sicilia nel dopoguerra, su cui ho deciso di investire perché hanno un sapore incredibile”, lavorando il tutto in regime certificato biologico.

Uliveti di Tatamà

L’olio da cultivar Cellina di Nardò di Tatamà

In parte Cellina di Nardò e in parte Ogliarola Salentina, due presidi Slow Food, gli ulivi di Tatamà “rappresentano un pezzo dell’incredibile biodiversità pugliese, che va tutelata”. Ancora di più in questo momento, con il batterio della Xylella che dal 2008 è in risalita dal Salento verso nord. “Sono quasi certo che tutte le piante siano infette”, racconta rassegnato Prete, “anche se non posso esserne ancora certo. Di fatto il batterio si insinua nella pianta e può agire anche per 4 anni, prima che si blocchino i vasi linfatici e compaiano i primi disseccamenti”. La produzione di olio, nell’ultimo anno, è già calata di una decina di quintali, “e molto probabilmente questo è l’ultima stagione in cui riuscirò a produrre il monovarietale di Cellina. A meno che non succedano miracoli”.

Il Tatamà Bus e un ulivo secolare dell'azienda

Gli strumenti per contrastare il batterio, infatti, non possono essere che palliativi: “Faccio i salti mortali, ma la natura non si può forzare. Bisogna fare potature chirurgiche, trattamenti disinfettanti e cercare di stressare il meno possibile la pianta”. Poi c’è il tentativo — comunque prezioso — di stimolare la vitalità del terreno inoculando funghi benefici per rigenerare la flora batterica; “ma questo è tutto. Provare a spingere la produzione significherebbe stimolare anche la proliferazione della malattia”.

Coltivazione del grano di Tatamà

Il grano, la pasta e i prodotti di forno di Tatamà

Scegliere i grani antichi significa preferire la biodiversità a discapito delle alte rese, ma non solo”. Mentre per l’olio si affida al frantoio Macchiagrande di Carovigno, Prete ha individuato anche alcuni piccoli (piccolissimi) produttori locali per coinvolgerli in una filiera per la lavorazione dei cereali, in particolare il Senatore Cappelli.

C’è un micropastificio di 40 metri quadri che lavora solo il mio grano. Facciamo pochi prodotti e tutti di tradizione pugliese”. Dai taralli — classici, con cipolla, uvetta e rum, nonché olive Cellina — alle frise e friselline; poi la pasta, con le classiche orecchiette, i cavatelli e le foglie di ulivo. Tutti i prodotti si possono acquistare alla bottega di San Vito dei Normanni, davanti alla quale è parcheggiato il Tatamà Bus.

Il Tatamà Bus e i vari tipi di olio

Un pulmino Fiat vintage in perfette condizioni, che Prete usava per portare i suoi ospiti a visitare gli uliveti. “Ora li accompagno a vedere le piante malate, in modo da far capire bene quanto lavoro stiamo facendo per mettere l’olio in bottiglia. Sperando di riuscirci anche nei prossimi anni”.

Tatamà Agricoltura Resiliente
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