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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Gravina in Puglia

Erbacce tra le tombe, cartelli distrutti e ingombranti abbandonati: la storia nel degrado al Parco del Botromagno

L'area archeologica, con testimonianze che risalgono addirittura all'Età del Ferro, è situata a ovest di Gravina di Puglia. Oggi tra i resti - in alcuni casi pericolanti - persistono tanti rifiuti

C'è un tesoro storico nel Barese che ad oggi è abbandonato nel degrado. Parliamo del Parco archeologico del Botromagno, sito di elevato interesse culturale nell'area di Gravina, che contiene i resti dell'antica urbanizzazione di Sidion, città greca diventata in breve tempo punto chiave del commercio, vista la sua presenza in un'area 'ponte' tra Oriente e Occidente. E se negli anni dalle antiche abitazioni e dalle tombe di 'Petra Magna' (come è conosciuto il parco archeologico) sono state recuperate decine di reperti - vasi, attrezzi agricoli, utensili domestici, gioielli, monete, armi di epoca greca e romana - la stessa valorizzazione non è avvenuta per i luoghi che lo contenevano.

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Sito abbandonato a se stesso

Basta guardare il reportage realizzato dal fotografo Carlo Centonze per accorgersene. Primo, fondamentale, aspetto è l'accoglienza riservata ai visitatori: i cartelli che raccontavano la storia dell'antico insediamento sono caduti o non più leggibili. Il senso di precarietà però è condiviso anche dai resti, che oggi sono ridotti a un ammasso di pietre pericolanti, piene di erbacce e non adeguatamente segnalate. Tra il verde e le tombe spuntano poi ben altri 'resti', quelli dell'inciviltà: dai piccoli rifiuti ai grandi elettrodomestici (nelle foto si intravede una lavatrice), passando per elementi di arredo, è davvero difficile non notare come l'area si stia trasformando velocemente in una discarica a cielo aperto.

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L'edificio trasformato in rifugio fatiscente

La città - che si trasformò in avamposto militare romano nel IV secolo a.C con il nome di Silvium - ne ha passate davvero tante nell'antichità; tra queste i terremoti che obbligarono all'epoca - l'ultimo nel I secolo a.C - gli abitanti a riedificare le costruzioni sul sito. Ma i resti storici ci riportano a un'età ben più antica della civiltà greca: le prime tracce della presenza umana risalgono all’Età del Ferro. Sul sito sono anche presenti delle buche scavate nella roccia dove, durante i secoli IX-VIII a.C., venivano inseriti dei pali portanti per capanne.

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Un tesoro che non viene valorizzato, ma anzi vandalizzato. Non solo per gli edifici più antichi: una delle abitazioni, ad esempio, si è trasformata in rifugio di fortuna per ignoti viandanti. Al suo interno è presente un materasso incellophanato e un divano, mentre all'interno un grosso graffito sul muro accoglie il visitatore tra sedie rotte, calcinacci e muri distrutti dall'umidità.

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Insomma un luogo martoriato, se si vuole ancora peggio di quando - fin dal XIX secolo - era entrato nel mirino dei tombaroli, che ne hanno saccheggiato le antiche testimonianze di valore. Davvero possiamo lasciare un luogo di tale prestigio storico e culturale in queste condizioni?

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