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Il problema dello smantellamento delle navi

L'Unione Europea ha presentato un regolamento che stabilisce dove e come "riciclare" le navi, che spesso vengono portate nel sud est asiatico e destrutturate senza alcun rispetto ambientale.

La Puglia, da buona regione di mare, è ricca di porti di varia natura. Il più grande si trova a Taranto mentre quello storicamente più importante, almeno dal punto di vista simbolico, è quello della città di Bari. Considerato da sempre la porta dell’Europa verso Balcani e Medio Oriente, oggi è tra i principali scali del mar Adriatico, con circa 350.000 passeggeri che si imbarcano considerando solo le crociere che salpano dal capoluogo pugliese, mentre sono  centinaia le altre navi che laciano i suoi moli. Ed è proprio sul riciclo delle navi che il Parlamento europeo ha voluto legiferare approvando un regolamento per rendere finalmente più compatibile all'ambiente questa tematica.

Lo smantellamento delle imbarcazioni, infatti, è un fenomeno globale, che implica un traffico di circa 5,5 milioni di tonnellate di materiali potenzialmente rischiosi per l'ecosistema (in particolare morchie, oli, vernici, PVC e amianto). L’operazione, altamente delicata, è effettuata nel 90% dei casi nel Sud-est asiatico, utilizzando metodi molto inquinanti e rischiosi per la salute dei lavoratori, che non rispettano standard di sicurezza adeguati.
L’Unione europea ha votato per creare forme di incentivi finanziari perché tutto l’iter del riciclo avvenga in modo sicuro, attraverso un fondo finanziato dall'industria stessa. Le istituzioni Ue vogliono assicurarsi che il procedimento di riciclo rispetti i diritti dei lavoratori e dell’ecosistema. In quest’ottica, chiede la piena applicazione del divieto di esportazione di rifiuti pericolosi anche alle navi che costituiscono un rifiuto e l’esplicito divieto di arenamento, un inventario di materiali pericolosi per tutte le navi che fanno scalo nei porti dell'Ue, nonché un Fondo basato su contributi obbligatori provenienti dal settore dei trasporti marittimi, blindando un procedimento ecologicamente corretto, nel rispetto di precisi standard prestabiliti, tenuti sotto controllo attraverso apposite ispezioni.

Dopo una gestazione di oltre sei mesi, la Commissione Ambiente è riuscita a ottenere che il riciclo delle navi da smantellare avvenga solo presso le strutture autorizzate dall’Unione Europea che rispettino i requisiti minimi, che le navi compilino un inventario delle sostanze pericolose presenti a bordo e che i proprietari delle imbarcazioni predispongano fin dal varo della nave un “piano di riciclo”. Spetta al Paese membro di provenienza del natante controllare e certificare il tutto.

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