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Domenica, 28 Aprile 2024
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Il gran pasticcio della legge sulla pesca dei ricci di mare in Puglia

Tra regolamenti mancanti e azioni governative, a fare le spese di questo guazzabuglio normativo (e ambientale) sono stati i pescatori pugliesi. Che si sono organizzati e hanno fatto ricorso al Tar

Gli amanti dei ricci di mare imparano sin da bambini una bizzarra filastrocca, che recita che vanno mangiati solo nei mesi con la erre. No Gennaio, maggio, giugno, luglio, agosto. Eppure per proteggere l’animale a rischio di estinzione, la Puglia ha approvato una legge – di cui si è molto parlato - che vieta la pesca nelle acque regionali dal 2023 al 2026. Poi qualcosa è andato storto: fatta la legge, il regolamento attuativo non è mai arrivato. Una situazione che ha generato il caos.

Pesca dei ricci di mare: il quadro normativo

Ma facciamo un passo indietro. In Italia la pesca del riccio è disciplinata dal decreto ministeriale del 12 gennaio 1995, col fine di tutelare un organismo “sottoposto attualmente a un prelievo indiscriminato sia da parte dei pescatori professionali che da parte dei pescatori sportivi”. In questo decreto si legge anche che la pesca professionale e sportiva del riccio di mare a livello nazionale è vietata nei soli due mesi di maggio e giugno.

L’intervento della Puglia in merito alla pesca dei ricci

Il 28 marzo scorso il consiglio della regione Puglia ha approvato la legge con cui sospendeva l'attività di pesca di qualunque tipo di riccio nelle acque del territorio pugliese. Il documento sarebbe entrato in vigore dal 5 maggio. Entro un mese da questa data, però, la Regione Puglia, doveva disciplinare le modalità di attuazione del fermo con le prescrizioni per il prelievo involontario, le sanzioni per le violazioni al divieto, nonché il piano di ripopolamento. Della delibera, ad oggi, non c’è traccia.

I ricci di mare al mercato di Kyoto

Ciò significa che la legge era in vigore, ma non poteva essere applicata. A bloccare l’ente regionale è stata la decisione del Consiglio di Stato che, nel giugno scorso, ha impugnato il decreto, ritenendo alcune disposizioni in contrasto con la normativa nazionale. In soldoni il problema sta nel definire i “confini” della nuova legge, visto che il mare che bagna la Puglia non è il mare della Regione, perché non esiste “un mare territoriale regionale, appartenente alla Regione Puglia”.

La brutta fine della legge regionale

Non è giuridicamente ammissibile il ragionamento per cui, se manca un regolamento attuativo, la legge è come se non esistesse” aveva dichiarato Paolo Pagliaro, consigliere regionale, nonché primo firmatario della legge “Mancano le direttive tecniche, ma la legge è legge”.  Il 26 luglio arriva la notizia che la Regione Puglia non si costituirà davanti alla Corte costituzionale per difendere la legge che vieta la pesca dei ricci. Il risultato è che lo stop al riccio di mare verrà meno una volta che la Consulta dichiarerà la legge incostituzionale. Si attende che la Consulta si pronunci non oltre gennaio-febbraio 2024.

La posizione della capitaneria di porto: un’impasse burocratica

In mezzo al caos legislativo, sono in molti a farne le spese. "Si trattava di una legge regionale che non andava in contrasto con quella nazionale, ma restringeva ancora di più l'operabilità, a seconda del tipo di pescatore, su quell'esemplare marino” ha spiegato a CiboToday Antonio Zingrillo, capo servizio della Capitaneria di Porto di BarlettaNoi abbiamo affrontato la questione con ponderatezza. Non essendoci un regolamento attuativo, non è stato possibile attuare la legge, intervenendo ed eventualmente sanzionando i comportamenti illegittimi. Ci sono stati numerosi reclami perché il ceto peschereccio si è opposto sin da subito alla normativa restrittiva. Abbiamo quindi continuato ad applicare la legge nazionale".

La replica dei pescatori di ricci

Non avendo ricevuto certezze dalle diverse Capitanerie di Porto, i pescatori con licenza hanno bloccato le proprie attività lavorative per paura di incorrere in sanzioni. C’è chi si è spostato dalle coste pugliesi verso altri lidi. Infatti, sui banchi delle pescherie sono comparsi i ricci pescati dalle marinerie di altre regioni (o di altri Paesi anche extra-Ue: Albania, Croazia, Grecia), con un aumento vertiginoso dei prezzi di vendita (nei ristoranti si arriva anche a 3€ a pezzo). E senza che la Regione abbia mai erogato i sussidi promessi ai pescatori pugliesi danneggiati dal fermo.

Leonardo Martellotta, pescatore e titolare di Ricciolandia, ristorante specializzato in ricci di mare a Torre Canne, spiega: “Non ho problemi per il mio ristorante: ho appena ritirato 40 chili di ricci dalla Croazia. Il problema riguarda la mia attività di pesca. Senza indennizzi, come pescatore regolare sono penalizzato. In questi mesi la Capitaneria di Porto di Gallipoli ci ha intimato di non pescare ricci”. Martellotta fa parte di un’associazione che vuole far sentire la voce dei lavoratori bloccati. “Noi eravamo d’accordo nel rispettare il fermo dei ricci per tre anni” spiega Luigi Colaci, presidente dell’Associazione Pescatori Subacquei Professionisti, che raccoglie 41 persone da tutta la Puglia “Ma sin dall’inizio abbiamo chiesto che la Regione ci proponesse alternative lavorative o un sussidio”.

La pesca dei ricci di mareE poi prosegue: “Anche se non c’è regolamento attuativo, noi ci siamo fermati, mentre gli abusivi hanno continuato a lavorare tranquillamente. I ristoratori hanno proposto i ricci pugliesi, presentando fatture di prodotti esteri. Noi piccoli, che continuiamo a rinnovare le licenze pagando annualmente 500 euro e manutenzionando i nostri mezzi, siamo finiti nel dimenticatoio. E attorno al riccio di mare c’è un indotto che coinvolge 190mila addetti”. L’Associazione si prepara a fare ricorso al Tar per sbloccare una situazione che sta frenando la loro vita lavorativa.

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