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Domenica, 28 Aprile 2024
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Pancotto, il piatto antispreco che unisce l’Italia della cucina povera

Piatto di recupero per eccellenza, il pancotto è presente in diversi ricettari regionali. Ma in provincia di Foggia c’è una variante per ogni chilometro

Il Pancotto è uno dei piatti simbolo della cucina antispreco. Infatti, proprio come l'acquasala (nota in Puglia come cialledda), la ricetta è nata per salvare il pane raffermo, ammorbidendolo in cottura con verdure spontanee e brodo. Nella sua semplicità, questa preparazione unisce l'Italia da Nord a Sud. La sua trasversalità geografica ricorda quella del baccalà, vero fil rouge della gastronomia italiana.

In Lombardia si chiama pancott o panada. In Toscana mantiene il nome originale, mentre in Liguria diventa pancheuto e in Sardegna pane cottu. La ricetta è diffusa anche nel Lazio e in Abruzzo. Le differenze si giocano sugli ingredienti aggiunti. Ma il minimo comun denominatore della preparazione è il pane, tratto identitario di ciascun territorio. Sempre all'insegna della semplicità, le varie ricette possono includere vegetali, erbe spontanee, ma anche pesci di lago. Ecco tutto quello che c'è da sapere sul pancotto.

Come si prepara il pancotto: il procedimento

Per preparare il panotto c'è bisogno di pane raffermo, da far bollire in brodo o acqua, assieme a verdure spontanee o coltivate, fagioli o patate. La pagnotta deve essere di grande formato e con una crosta importante, possibilmente realizzata con lievito madre. Ogni regione ha la sua versione, ma alla base c'è sempre una minestra di verdura con l'aggiunta di pane cotto. Tra le varianti, vale la pena menzionare che in Emilia Romagna si fa con l'aggiunta di uovo sbattuto e burro. In Toscana il pancotto si trasforma in panzanella o in pappa al pomodoro a seconda della temperatura utilizzata. Per testimoniare la vicinanza al Gargano, in Abruzzo la ricetta si fa soprattutto d'inverno, quando è possibile aggiungere ad acqua e pane anche le cime di rape di stagione.

Le prime tracce del pancotto risalgono ad Apicio e al suo ricettario latino De re coquinaria. In questo libro si parla di puls tractogalata, un pasto simile alla polenta usato anche per lo svezzamento dei bambini. A quel tempo farro e orzo erano alla base dell'alimentazione cerealicola. Venivano spesso schiacciati, bolliti e conditi con spezie e verdure.

Anche gli chef si sono cimentati nella rielaborazione di questo piatto semplice e agricolo: c’è lo chef Angelo Sabatelli che lo prepara con crema di fagioli al miso, quello di Niko Romito con le fette di caciocavallo e i tuorli d’uovo, quello di Claudio Sadler con il tartufo, quello con il pesce di Gianpaolo Raschi, quello con le foglie di stagione e il brodo di spezie di montagna infuse di Franco Franciosi.

Pancotto made in Foggia: come si fa in Puglia

Nella provincia di Foggia in Puglia, il pancotto diventa carta d’identità cittadina. Ogni borgo ha la sua tradizione gastronomica, attraverso cui si racconta. Tra Capitanata e Sub-appennino Dauno, la ricetta varia di chilometro in chilometro. Qui nelle pagnotte si aggiunge la patata lessa, per rendere il pane più umido, senza farlo lievitare completamente. Così il risultato è quello di un pane più compatto, destinato a durare a lungo. Dopo aver ammorbidito il pane nel brodo, il filo d’olio va rigorosamente a crudo e, se ci sono in dispensa, sono ammessi anche i pomodori.

Ma veniamo alla varietà di declinazioni in questa zona. Nel capoluogo di provincia, il pancotto è il piatto che racconta la storia del terrazzano, un operaio che si dedicava alla raccolta di frutti spontanei e alla caccia, ma anche a lavori agricoli estivi e alla creazione del maggese ai proprietari terrieri. Ad Ascoli Satriano, si usano patate, aglio e peperoncino, mentre nel resto della Capitanata il pancotto si lega a patate, rucola selvatica, olio evo, aglio e alloro. Salendo verso i monti, nel piatto si scorgono le erbe spontanee. A Troia il guizzo creativo, di rottura con la tradizione, è dato dall'uso del pecorino. A Orsara di Puglia si usano broccoli, cimamarelle, finocchietto selvatico e i famosi marasciuoli, cioè la rucola selvatica. Viene messo tutto in un'unica pentola alla quale si aggiunge il pane raffermo, che in questa zona vien preparato con le patate, ricordo gastronomico del sostentamento dei pastori impegnati con la transumanza.

A Carpino si valorizza la famosa fava con cipolle, pomodori, aggiungendo - quando ci sono - bietole e patate. A San Marco in Lamis si cercano le migliori erbe spontanee per valorizzare il pane dei numerosi forni cittadini. A Monte Sant'Angelo si aggiungono verza, cipolle, patate, fave, finocchio selvatico e aglio. A Lesina, maestri della valorizzazione locale come lo chef Nazario Biscotti, aggiungono il pesce di lago. Nelle località di mare si aggiungono anche il dentice o il gambero.

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