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Lunedì, 29 Aprile 2024
Storie

E se lo chiamassimo solo “caffè espresso in ghiaccio”?

Sempre dalla Puglia arriva la proposta di abbandonare i campanilismi per concentrarsi sulla qualità: non è tanto importante il nome, ma che la tecnica e il processo siano di un livello adeguato

Giovanni Sanasi, classe 1962, è un barista atipico. Comparso su diversi giornali, appassionato oltre il consueto della sua professione, ha inventato diversi stratagemmi che ne hanno migliorato la resa, per esempio la lattina antigermi e il bicchiere riutilizzabile per diminuire la plastica al bar. La sua è una piccola attività, circa 30 metri quadrati, collocata dal 1986 all’interno dell’ospedale di Manduria, il Caffè Gelateria Centrale, un tempo. “Oggi non faccio più i gelati” racconta a CiboToday; quindi, la sua professione si è potuta concentrare in modo esclusivo sul caffè. Capobarman Aibes e Sommelier Ais Sanasi, ci racconta di aver esposto tre anni fa un cartello per sottolineare la presenza di latte vegetale nella sua attività, che impiega da almeno 10 anni, prima che fosse di moda.

Visto il suo attaccamento alla materia, ha seguito con interesse la discussione intorno al nome del caffè in ghiaccio: è giusto o no chiamarlo caffè leccese? “Al di là di chi ha inventato il caffè leccese, che non mi pare la cosa importante, se ci facciamo una passeggiata in Puglia, e ci giriamo cento bar, a partire da Foggia per arrivare a Brindisi, o a Gallipoli, in ogni bar troviamo un caffè in ghiaccio diverso dall’altro” ci dice Sanasi.

Il caffè in ghiaccio e il disciplinare

Il caffè in ghiaccio è infatti un patrimonio di tutta la Puglia (ma anche del resto dell’Italia) che viene realizzato con molta incostanza. Per questo nell’agosto del 2021, dopo essersi informato, Sanasi deposita alla SIAE il suo disciplinare sul “caffè espresso in ghiaccio”, un documento non vincolante che si sofferma sui principali passaggi di realizzazione del prodotto. “Io non ci guadagno nulla, vorrei solo che fosse condivisa la necessità con tutti, produttori, torrefattori e baristi, di realizzare il caffè in ghiaccio a regola d’arte. Un tempo si prendevano i bottiglioni di vetro e ci si mettevano due litri di caffè dentro, per poi chiamarlo caffè freddo. Oggi fortunatamente ci sono altri metodi e sarebbe corretto parlare di caffè espresso in ghiaccio, perché viene fatto sul momento. Poi ognuno lo può chiamare leccese, salentino, veronese, secondo la propria fantasia”.

Il barista Giovanni Sanasi nel suo bar

Come fare un caffè in ghiaccio a regola d’arte

Insieme a Sanasi ripercorriamo i passi di un caffè espresso in ghiaccio fatto a regola d’arte. “Perché non bisogna fare come accade in certi bar, che ti danno un caffè in tazzina e a parte un bicchiere con due cubetti di ghiaccio, quello è una bevanda al sapore di caffè”. Si parte da un tumbler basso che viene riempito di ghiaccio appena preso dal freezer, circa 5 cubetti affinché il bicchiere sia colmo. “Il freddo deve essere di molto superiore al caldo della bevanda”. Intanto si prepara un caffè espresso a parte, e poi lo si addiziona con lo zucchero liquido o il latte di mandorla a seconda della richiesta dei clienti. Con lo stirrer viene raffreddato il bicchiere e con lo strainer si elimina l’acqua in eccesso.

Solo a questo punto si versa il caffè nel bicchiere e si chiede al cliente se lo desidera liscio o soffiato. Nel secondo caso il bicchiere viene messo sotto alla lancia a vapore per montare il latte dove staziona per 3-4 secondi per creare una crema spumosa e soffice. “Mi è stato detto che noi baristi lavoriamo e non possiamo perdere tanto tempo. Beh, in tutto ci vorranno 2 minuti, per fare un prodotto buono che incanta i clienti, anche perché c’è una certa scenografia. Ci deve essere una bella differenza tra farsi le cose a casa e ordinare un caffè al bar”.

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