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Domenica, 28 Aprile 2024
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Antichissima, dolce, croccante e trasparente. Ecco perché l’Uva baresana va protetta

La storia del nuovo presidio Slow Food pugliese. Dal quale si ricava anche lo storico vincotto di Bari

Per una volta non parliamo di uva per fare vino e finire nel bicchiere, ma parliamo (anche) di uva da mangiare. È il caso dell’uva baresana (o barese, perché diffusa tra Bari e provincia), un patrimonio locale che proprio alla fine del 2023 è entrato a far parte dei nuovi Presidi Slow Food della regione Puglia, sette in tutto, insieme ai piselli tradizionali salentini, gli agrumi tradizionali di Palagiano, la cipolla rossa delle Saline di Margherita di Savoia, il suino Nero Pugliese, il carciofo della Terra dei Messapi e la pecora Gentile di Puglia.

L’uva di Bari, completamente trasparente

Si tratta di un’uva particolare, la cui coltivazione è nota nella zona da tempo immemore. Sotto il nome di “uva baresana” vanno in realtà tanti altri nomi e nomignoli locali, che esprimono la persistenza sul territorio di una varietà conosciuta in molti vigneti. Uno dei suoi aspetti distintivi, oltre a dolcezza e croccantezza, sta nella buccia che, quando arriva a maturazione, si mostra completamente trasparente, al punto da far intravedere i chicchi presenti all’interno dell’acino. Si consuma soprattutto nella zona di coltivazione, poiché la sottigliezza della buccia la rende molto deperibile e difficile da trasportare per lunghe tratte.

Fresca, dolce e croccante

Dolcissima al gusto, piacevole e rinfrescante al palato, si comincia a raccogliere da settembre in poi, fino all’incirca alla metà di ottobre, quando finisce sulle tavole di Bari e provincia e si mangia il più fresca e croccante possibile. Le coltivazioni si sviluppano sia a pergolato che a tendone tradizionale pugliese, un metodo di allevamento molto diffuso nella regione soprattutto per i vitigni di Negroamaro e Primitivo. Il rischio che gli attuali vigneti siano espiantati per fare posto a varietà più facili da posizionare sul mercato è molto alto. Da qui la creazione del Presidio Slow Food, che si concentra sulla zona di Adelfia, comune a sud di Bari dove alcuni coltivatori hanno tutelato la continuità produttiva, anche discapito della più comune e richiesta sul mercato uva da tavola senza semi.

Il vincotto barese con uva e fichi

Forse una delle particolarità più interessanti è che quest’uva, storicamente, veniva lasciata a seccare sulla pianta per essere poi coinvolta nella preparazione del vincotto barese. Si tratta di una preparazione che si ritrova anche in altre regioni italiane (come le Marche) dove zucchero, fichi e uva baresana sono mescolati nella composizione di una sorta di sciroppo molto denso che, in Puglia, viene usato a Natale per condire le cartellate e altri dolci regionali legati alle festività. Chiaramente, visto il nome, contiene mosto d’uva cotto.

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