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Cronaca Altamura

La droga, le mani sulle aste, i professionisti "pronti a rispondere alle richieste del clan": blitz antimafia nel Barese, 24 arresti

L'indagine coordinata dalla Dda ha portato all'operazione dei carabinieri tra Bari, Matera e la Bat. Ricostruite le attività del gruppo Loiudice, attivo ad Altamura, dai contatti con i clan baresi a quelli con professionisti dei quali sarebbe stata accertata "la succube sudditanza verso gli interessi del clan"

Un clan "agguerrito", attivo ad Altamura e sull'area murgiana, tra in materia di armi, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, e ancora turbativa d’asta immobiliare, associazione a delinquere, furti di autovettura ed estorsioni. Sono state in tutto 24 le persone arrestate (e finite in carcere ai domiciliari) nel corso dell'operazione 'Logos', coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari ed eseguita dai carabinieri.

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L'indagine e il blitz 

Oltre 100 militari sono stati impegnati per l'esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare nelle province di Bari, Matera, BAT e Torino, in particolare nei comuni di Altamura, Triggiano, Grumo Appula, Matera, Montescaglioso e Miglionico, per "chiudere il cerchio" sul pericoloso gruppo criminale. Le accuse sono, a vario titolo, di “associazione di tipo mafioso con l’aggravante della disponibilità di armi, detenzione e porto di armi, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti, estorsione, associazione a delinquere finalizzata ai furti di auto e alla successiva estorsione, ricettazione, rapina, turbativa d’asta immobiliare e sfruttamento della prostituzione”. L’operazione odierna costituisce la conclusione di un’articolata indagine, avviata alla fine del 2017, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e condotta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Bari mediante continui servizi di osservazione e pedinamento, numerose attività tecniche d’intercettazione telefonica e ambientale e attraverso l’utilizzo delle dichiarazioni rese da numerosi collaboratori di giustizia, "che hanno permesso di costruire un solido quadro indiziario in ordine ai gravissimi reati contestati agli indagati".

I vertici, i legami con i clan baresi, le attività illecite 

L’attività della Direzione Distrettuale Antimafia e degli investigatori dell’Arma ha consentito di fotografare "la perdurante operatività dell’organizzazione criminale facente capo - spiegano gli investigatori - a Loiudice Giovanni, detto Giannino, legata dapprima al clan Parisi e in ultimo al clan Capriati, ed attiva con carattere di stabilità nel territorio di Altamura". Le indagini hanno permesso di documentare "la pervasività dell’associazione, dotata di una struttura organizzativa stabile e caratterizzata dal ricorso sistematico alla violenza per imporsi nel controllo delle attività illecite nel territorio di Altamura, finalizzata alla commissione di una indefinita serie di delitti". In particolare, quelli contestati sono in materia di armi, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, reati di turbativa d’asta immobiliare, associazione a delinquere, furti di autovettura ed estorsioni. L’operatività dell’associazione - evidenziano gli investigatori - è stata documentata nel traffico di stupefacenti, "così come riscontrato dai numerosi episodi di spaccio accertati a dai sequestri di droga effettuati durante le indagini", nei furti di auto e nelle estorsioni, effettuate con il metodo del “cavallo di ritorno”, nello sfruttamento e nel favoreggiamento della prostituzione di alcune donne di nazionalità straniera e nella turbativa d’asta immobiliare. Con riferimento ai furti di autovetture, in particolare, sarebbero stati accertati circa 10 episodi criminosi, caratterizzati da un’organizzazione meticolosa e da una precisa ripartizione di ruoli. Ad operare materialmente i furti sarebbe stata una squadra di ladri provenienti dalla provincia BAT, mentre ad occuparsi del riciclaggio o della richiesta estorsiva erano personaggi legati alla criminalità altamurana. Due degli indagati, infine, dovranno rispondere di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, perché reclutavano ragazze straniere da destinare al meretrico lungo la SS96, tra Palo del Colle e Toritto, percependo 100 euro al giorno per la locazione dei container e roulotte in cui le ragazze si prostituivano. 

La "sudditanza" dei professionisti, la 'zona grigia' e le mani sulle aste

Ma le indagini hanno messo in luce anche un altro aspetto, evidenziato dal Giudice nell’ordinanza applicativa della misura cautelare: "la cosiddetta zona grigia", ossia "l’accertata succube sudditanza verso gli interessi del clan Loiudice proveniente da professionisti di varia estrazione, quali dipendenti comunali, sempre pronti ad aderire o addirittura a prevenire con estremo zelo le richieste in ordine ai bisogni o alle aspettative più svariate, anche quando non compatibili con norme di legge o doveri deontologici, per il rispetto portato verso i rappresentanti del clan, ed il desiderio di evitare qualsiasi genere di insoddisfazione dei temibili interlocutori". È il caso - evidenziano gli investigatori - di un dipendente comunale, la cui posizione è tutt’ora al vaglio della Procura, "che si era attivato – seppure fuori dall’esercizio delle sue funzioni - per fornire a Loiudice Giovanni la propria consulenza in ordine alle procedure necessarie per regolarizzare la occupazione abusiva di un alloggio di edilizia popolare, che, poi, nel corso dell’attività di indagine, è stato regolarmente sottoposto a sequestro preventivo e restituito all’ARCA Puglia, proprietaria dell’immobile". Inoltre, al fine di assicurare il sostentamento economico del clan e degli affiliati, il sodalizio si sarebbe adoperato "per far vincere agli interessati alcune gare per pubblici incanti di edifici e terreni posti all’asta, in cambio di denaro pari a una percentuale dell’importo di aggiudicazione, costringendo, con la forza intimidatrice del gruppo, gli altri partecipanti all’asta a desistere dal presentare offerte al rialzo". 

I beni sequestrati

Le indagini patrimoniali condotte dai Carabinieri hanno anche consentito alla Direzione Distrettuale Antimafia di chiedere e ottenere dal Giudice il sequestro preventivo di una società a responsabilità limitata, attiva nella commercializzazione di birra artigianale, riconducibile a Loiudice Giovanni e al figlio Alberto, nonché di un’autovettura di grossa cilindrata intestata a Giannino, conseguente "alla documentata sproporzione tra reddito dichiarato e le evidenze patrimoniali rilevate di circa 260.000 euro". 

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