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Cronaca

Vittima di estorsione e usura, imprenditore denuncia: sette arresti

All'alba il blitz della Finanza. Tra gli arrestati Cosimo Fortunato, pluripregiudicato di Japigia, ritenuto vicino al boss Parisi. Coinvolto anche un noto avvocato, sottoposto a obbligo di dimora

Costretto a pagare interessi dal 150% al 500% sulle somme ricevute in prestito, tanto da arrivare ad un passo dal cedere un cantiere per cercare di saldare il debito con i suoi usurai. Vittima un imprenditore edile barese, che in un momento di gravi difficoltà economiche si era rivolto a due degli arrestati per chiedere un prestito. Da allora era cominciato l'inferno,  con interessi sempre più alti da pagare, minacce e anche aggressioni fisiche da parte degli strozzini. Fino a quando la vittima ha trovato il coraggio di denunciare tutto alla Guardia di Finanza.

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Sono così scattate le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bari, che hanno portato agli arresti eseguiti all'alba  dai militari del G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Bari, con la collaborazione di personale del Servizio Centrale Investigativo Criminalità Organizzata di Roma.

GLI ARRESTATI - In carcere, con l'accusa, a vario titolo, di usura ed estorsione, anche in forma tentata, sono finite sette persone. Si tratta di Cosimo Fortunato, pluripregiudicato del quartiere Japigia, 52 anni,  Michele Giuliano Matinelli, 31 anni, Angelo Fortunato, 49 anni, Giuseppe Lafirenze, 48 anni, i fratelli Salvatore Castoro di 43 anni, Francesco Castoro di 47 anni e Raffaele di 42 anni. Coinvolto nelle indagini anche un avvocato 56enne di Altamura, Vincenzo Massimo Siani, sottoposto a obbligo di dimora.

Le indagini hanno permesso di ricostruire come l'imprenditore era finito nella spirale dell'usura. Inizialmente l'uomo si era rivolto a Giuseppe Lafirenze ed ai fratelli Castoro, ricevendo, in varie soluzioni, 210.000  euro in contanti, a fronte dei quali si impegnava a restituirne oltre 280.000 euro a titolo di soli interessi, con un tasso che sfiorava il 150% su base annua. Quando l'imprenditore non riusciva a rispettare le scadenze di pagamento, scattavano le minacce, a lui ma anche ai suoi familiari. Tanto che, per cercare di saldare il debito, la vittima aveva anche venduto diverse autovetture di sua proprietà. Ma gli strozzini ingerivano anche nella gestione economica dell’azienda, incassando al posto dell'imprenditore i crediti vantati verso alcuni clienti.

Nel tentativo di estinguere il debito, l'imprenditore si era rivolto allora ad un altro usuraio, Cosimo Fortunato, storico luogotenente di Savino Parisi, presentato alla vittima dal nipote, Angelo Fortunato. La vittima, trovandosi ormai sull’orlo del baratro, per ottenere dal proprio aguzzino le somme in prestito, lo aveva omaggiato di bottiglie di champagne e di liquori pregiati per un valore di oltre 2mila euro. Fortunato, insieme al fido genero Matinelli, aveva quindi concesso alla vittima un prestito di circa 350mila euro, a fronte delle quali si impegnava a restituirne quasi 400mila di soli interessi, con un tasso che raggiungeva oltre il 500% su base annua.

Sempre più incalzato dagli strozzini, l'imprenditore era anche arrivato ad in passo dal cedere ai propri aguzzini un cantiere edile a Toritto, dove sarebbe sorto uno stabile residenziale. Ed in questo momento era entrato in scena l’avvocato, che secondo gli investigatori si sarebbe adoperato per preparare gli atti relativi alla cessione del cantiere edile. Inoltre, proprio nello studio legale si sarebbe consumato un episodio di aggressione ai danni dell'imprenditore, minacciato e malmenato da uno dei soggetti vicini a Cosimo Fortunato per non aver assecondato le richieste avanzate dai propri aguzzini nelle trattative propedeutiche alla vendita del cantiere.

Le indagini condotte dalla Guardia di Finanza hanno permesso anche di accertare significative sproporzioni fra le fonti di reddito degli indagati ed il cospicuo valore dei beni mobili ed immobili nella loro disponibilità. A fronte di esigue dichiarazioni dei redditi presentate, gli arrestati avevano la disponibilità di un cospicuo patrimonio composto dai beni mobili ed immobili, in parte posti sotto sequestro. In particolare, sono stati sottoposti a vincolo cautelare 2 unità immobiliari, 1 terreno e 5 automezzi, per un valore pari a circa 1 milione di euro.

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