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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Bitonto

La "punizione" in carcere che gli agenti penitenziari arrestati volevano nascondere: "Questa storia non mi piace"

ll Gip Carlo Protano riserva ampio spazio ai tentativi di occultamento della notizia di reato da parte degli indagati, a partire dalle false dichiarazioni spontanee dei reclusi, evidentemente indotte dagli indagati. La vittima è un detenuto di Bitonto

Nelle carte dell'inchiesta che in seguito al pestaggio avvenuto l'11 agosto 2023 in una cella dell'istituto penitenziario di via delle Casermette nei confronti di due detenuti di Bitonto e Taranto, ha portato all'arresto di dieci agenti della polizia penitenziaria in servizio presso il carcere di Foggia, perlopiù lucerini, il Gip Carlo Protano riserva ampio spazio ai tentativi di occultamento della notizia di reato da parte degli arrestati, a partire dalle false dichiarazioni spontanee dei reclusi, evidentemente indotte dai principali indagati (i nomi).

Le immagini video del pestaggio

I falsi verbali

"Verbali precostituiti in modo artefatto", secondo il Giudice, tant'è che nell'annotazione di un ispettore dell'istituto penitenziario estraneo all'accaduto, si legge che il 12 agosto era stato invitato dal collega Giovanni Di Pasqua a sottoscrivere una relazione di spontanee dichiarazioni che sarebbero state rese dal detenuto oggetto della spedizione punitiva per aver compiuto il giorno prima del pestaggio atti di autolesionismo davanti alla vice ispettrice Annalisa Santacroce. "Io mi rifiutai di sottoscrivere quel verbale, non avendo mai ascoltato e dunque ricevuto dichiarazioni dal detenuto". 

Galeotti costretti a dichiarare il falso per evitare ritorsioni, tant'è che in uno dei due rapporti viene riportato che il recluso era andato in escandescenze "solo a vedere entrare gli agenti all'interno della mia stanza" e che "si era agitato e aveva cominciato ad inveire e a dimenarsi".

Dai verbali risulta che al cenno dell'ispettore penitenziario Di Pasqua, il carcerato picchiato selvaggiamente fosse entrato in cella tranquillamente; che era stato "subito calmato" che "grazie alla persuasione degli agenti" avesse continuato ad assumere la terapia. 

Questo, nonostante le immagini delle telecamere di videosorveglianza piazzate nei corridoi della struttura e i suoni registrati - ovvero urla, insulti e gemiti di dolore - raccontassero tutt'altro; e nonostante il detenuto aggredito fosse uscito dalla cella malconcio e percosso.

Non corrisponde al vero, quindi, la versione sottoscritta dalla vittima, vale a dire che "tale agitazione" fosse subito rientrata "e non ci sono stati ulteriori elementi di sorta.." e che non era successo alcun evento violento.

Il Giudice per le Indagini Preliminari fa emergere anche come non potrebbe corrispondere al vero il rapporto sottoscritto dal compagno di cella del detenuto picchiato, nel punto in cui espone: "il personale mi faceva uscire dalla stanza". Dichiarazioni che risulterebbero in contrasto con quelle del recluso picchiato secondo cui, come da verbale, appena entrato in cella si era calmato. Per il Gip non si comprenderebbe quindi il motivo dell'allontanamento.

D'altronde, evidenzia il Giudice, se si fosse trattato di una perquisizione ordinaria senza conseguenze - come riportano invece i verbali - "non si capirebbe il motivo per cui gli agenti, anziché limitarsi a stilare i loro atti inerenti il servizio svolto, abbiano voluto formare quelle dichiarazioni, in cui, in sostanza, i due detenuti non riferiscono nulla di significativo".

A meno che proprio quel "nulla" fosse per gli operanti motivo di interesse.

La costrizione al silenzio

La costrizione al silenzio avrebbe comportato altre due successive aggressioni compiute all'indirizzo del detenuto di Bitonto da parte di altri soggetti ristretti: la prima nella doccia e la seconda in cella. Basti pensare che al Comandante, la vittima aveva detto che Di Pasqua gli aveva suggerito di non raccontare nulla perché se avesse riferito ai detenuti foggiani che si era 'tagliato' davanti all'ispettrice Santacroce, lo avrebbe picchiato.

I falsi certificati medici

Rientrano nel tentativo degli indagati di non far sollevare un polverone rispetto all'aggressione e di tenerla nascosta per evitare guai, la sottoscrizione dei falsi certificati medici e la posizione del sanitario che quel giorno prestava servizio presso la casa circondariale, dal quale ottennero referti a loro favore.

Rispetto alle perizie mediche di tre dei principali autori del pestaggio - Di Pasqua, Vitale e Calabrese - se nulla induce a credere che i certificati configurino un falso ideologico - "posto che anzi è estremamente verosimile, per non dire certo, che i tre agenti, per il ruolo aggressivo esercitato in danno dei due detenuti ed in particolare, come visibilmente accertato in danno di....., abbiano avuto ripercussioni fisiche, e dunque escoriazioni varie", la considerazione aggiunta del sanitario circa la "verosimile...presunta" riferibilità delle lesioni ad una "aggressione da parte di un detenuto" addirittura "con lametta da barba", per il Gip Protano non può esser stata che l'effetto di quanto relazionatagli dai tre che stava visitando.

Tuttavia il Pm ritiene che alcuna lesione i tre abbiano mai avuto e che il sanitario fosse d'accordo con loro a certificarle ugualmente. Dolo che invece sarebbe stato certificato con l'esito della visita a meno di due ore dal pestaggio, al compagno di cella, anch'egli aggredito dagli agenti, ossia di nessuna lesione.

E' possibile che il sanitario sapesse già dell'accaduto, atteso che quel giorno il detenuto che ha sentito le urla e il rumore delle botte, e al quale era stato impedito di recarsi sul luogo delle violenze, aveva riferito di aver visto immagini orribili e che aveva bisogno dello psicologo perché un gruppo di agenti capeggiati da Di Pasqua avevano picchiato due suoi compagni: "Mi disse, io scrivo sul certificato solo che lei ha detto di aver visto un gruppo di agenti picchiare due detenuti. Non riporterò i nomi che mi ha fatto". 

A scanso di equivoci verrà dimostrato che il medico, raggiunto ugualmente da un avviso di garanzia, non ha favorito gli agenti indagati: confermerà le lesioni avute dal detenuto e denuncerà la sottrazione dal registro del referto stilato il 12 agosto. 

Il recluso vittima del pestaggio sarebbe stato ricevuto, in due momenti diversi, da altri due medici. "In entrambi i casi i certificati risultano falsi in quanto il primo diagnostica solo uno stato di agitazione ed il secondo attesta proprio "non lesioni in atto". Referti stilati verosimilmente per sentito dire, ossia senza che al loro cospetto fosse comparso il detenuto e sulla base delle informazioni fornite dagli agenti penitenziari, che avevano in tal caso evidentemente motivo per travisare la realtà e indurre in errore i medici certificanti". Stessa cosa, quindi, potrebbe essere avvenuta con l'altro detenuto. 

La pagina strappata dal registro

Il 25 agosto condotto in ambulatorio per aver rappresentato il giorno prima malessere fisico, "persistente dolore al costato", il detenuto picchiato l'11 dello stesso mese, lamentava con il dottore di essere stato ingannato circa l'impegno all'esecuzione di indagini diagnostiche che lo stesso sanitario gli avrebbe assicurato all'esito della visita del 12 agosto, il giorno dopo gli accadimenti, in cui erano state riscontrate le conseguenze dei traumi al torace e al cranio.

"Ecco il dottore che mi visitò il 12 agosto e che scrisse che io avevo bisogno di fare i raggi, dottore a me fino ad ora non hanno fatto niente, vomito sangue e ho mal di testa e giramenti di testa"

Eppure il medico gli assicurava di aver trascritto e veicolato quelle necessità diagnostiche. A tal fine recuperava il registro nel tentativo di dimostrarlo, vanificato dalla mancanza della pagina del registro sulla quale sarebbe stata trasfusa la refertazione. Mancanza che il dottore imputava all'azione di ignote persone e per la quale sporgeva denuncia il 25 agosto. 

"Ma che cosa è successo a questo registro? Manca proprio la pagina....è stata strappata, chi l'ha strappata?...Questa storia non mi piace"

Effettivamente verrà riscontrata l'assenza delle pagine del registro 'Visite mediche dei detenuti' relative ai giorni 12 e 13 agosto. Evidenti i segni dello strappo delle pagine, più di una, dal registro. Sulla questione sarebbero emersi gravi indizi del coinvolgimento di Santacroce e Di Pasqua quali determinatrice ed esecutore materiale o mandante del reato.

Non riuscendo a fare altrettanto con il referto perché era stato provvidenzialmente riposto altrove. Azione risultava vana grazie all'acquisizione di tutta la documentazione presente presso la casa circondariale di Foggia. Difatti, si riuscirà ugualmente ad accertare la reale refertazione delle lesioni patite dal detenuto grazie al rinvenimento della prescrizione medica degli esami specifici sempre dello stesso dottore il 12 agosto 2023.

Il tentativo di distruzione delle videoregistrazioni

Di Pasqua con molta probabilità, il giorno stesso dell'aggressione si sarebbe recato presso la 'sala regia' per visionare ed eventualmente tentare di disperdere o eliminare la prova schiacciante della proprio condotta:

"...è venuto qualche collega (l'ispettore Di Pasqua e l'assistente capo Calabrese) che mi hanno chiesto quanto tempo durano i filmati perché dopo un po' di tempo non si possono recuperare...Poi hanno chiesto quali riquadri registrassero quel giorno. Ricordo che in quell'occasione mi chiese anche dove fosse il server in cui erano contenute le registrazioni...."

Per il Gip "erano consapevoli che quelle immagini non solo li avrebbero inchiodati inesorabilmente alle loro responsabilità, ma che non sarebbero state neppure coerenti con messinscena documentale mistificatoria che si stavano apprestando a redigere".

La falsa relazione di servizio

La relazione riporta sequenze di una vicenda dolorosa mai avvenute, come documentato dalle immagini del sistema di videosorveglianza.

Nella relazione prodotta da Di Pasqua viene riportato che il detenuto pestato a sangue aveva afferrato una lametta minacciando di tagliarsi e di fare del male a chiunque si avvicinasse: "Cercava di non farci avvicinare al bagno e...cercava di colpirci, avvicinandosi agli operanti e con la lametta in pugno inveiva in maniera decisa e determinata, cercando di colpirci sia in volto che sul corpo, sia verso lo scrivente che verso gli altri due operanti".

Così come non è vero che gli agenti avessero portato "alla calma" il detenuto, esternandogli la rinuncia alla perquisizione. Al contrario, all'ingresso di Vitale, seguito nell'immediato dagli altri, iniziavano le urla, le imprecazioni e i rumori di percosse. 

E non corrisponde al vero che il detenuto era stato immobilizzato per "toglierli la lametta dalle mani"

Come anche l'altro detenuto non era stato fatto uscire dalla stanza a fronte delle reazioni "per dimenarsi per non essere disarmato" assunte dal compagno di cella aggredito e superate, scrive Di Pasqua, con "non poche difficoltà".

Al contrario, l'altro recluso era stato trasferito nella stanza del telefono perché la vittima fosse picchiata meglio e più liberamente.

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