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Cronaca

Estorcevano denaro a un condannato per voto di scambio: due in manette

L'indagine nata da un'inchiesta precedente che aveva svelato l'esistenza di un presunto accordo 'elettorale' tra il clan Di Cosola e il factotum di un candidato alle regionali del 2015. Lo stesso uomo di fiducia del politico, tuttavia, sarebbe stato vittima di estorsioni

Un 25enne e un 37enne sono stati arrestati in mattinata dai carabinieri del Reparto Operativo Nucleo Investigativo di Bari, in esecuzione di un provvedimento restrittivo in carcere, a firma del gip, Maria Teresa Romita, su richiesta del Sostituto procuratore della DDa Federico Perrone Capano.

Christian Testini e Ivan Romita, già detenuti ai domiciliari per altra causa, sono riconosciuti responsabili, in concorso tra loro,  di una estorsione protrattasi per circa due anni, nei confronti di una persona già condannata in primo grado per il delitto di scambio elettorale politico-mafioso.

L'inchiesta sul voto di scambio che coinvolge il clan Di Cosola

Infatti, l’odierno provvedimento cautelare scaturisce da uno stralcio delle pregresse indagini denominate Attila e Attila2, condotte dal suddetto  Nucleo con il coordinamento della Dda barese, che consentirono  nel dicembre del 2015 e nel successivo dicembre del 2016, l’esecuzione di due distinti interventi repressivi, culminati con l’arresto di complessivi 30 indagati, poi condannati in primo grado a pesanti pene detentive, per la partecipazione all’associazione mafiosa denominata clan Di Cosola aggravata dalla disponibilità di armi da guerra (tra le quali un bazooka rinvenuto e sequestrato) ma anche per scambio elettorale politico-mafioso, operante nell’hinterland barese. Attraverso quelle indagini, tra le altre cose, venne disvelato un accordo che - secondo quanto emerso - prevedeva il sostegno “elettorale” del clan Di Cosola in favore di un candidato non eletto alle elezioni regionali del 2015. Nella vicenda Armando Giove, factotum del candidato, avrebbe stipulato un accordo che prevedeva la corresponsione di 70/80 mila euro per la campagna elettorale svolta dal clan Di Cosola nei territori assoggettati. Con sentenza di primo grado, Armando Giove è stato condannato per voto di scambio.

Le estorsioni riferite dal factotum e le indagini

Proprio Giove, successivamente al suo arresto, avrebbe iniziato a rendere dichiarazioni, quale parte offesa, sul conto dei destinatari dell’odierno provvedimento, raccontando di essere oggetto di una aggressiva manovra estorsiva, da parte di quest’ultimi, avviata nel 2014 e protrattasi per tutto il 2016. In quel periodo risulta che la vittima aveva subito tre richieste estorsive venendo così costretta ad assumere l’impegno di versare la somma di 15.000 euro in rate mensili di 1.000 euro a partire dal mese di gennaio 2015. I documenti offerti dai difensori di Giove, corroborati dagli elementi raccolti attraverso le attività tecniche di intercettazione in atto all’epoca dei fatti, hanno permesso di dimostrare la veridicità del racconto del denunciante e dunque la fondatezza delle accuse mosse agli indagati.

Il complesso delle risultanze investigative ha fatto emergere, non solo l’esistenza di continue ed immotivate richieste di somme di danaro, pretese richieste di ricariche telefoniche e dispositivi telepass per pedaggi autostradali, ma anche richieste di consegna di numerosi veicoli alle quali la vittima, destinataria di gravi minacce anche rivolte al suo nucleo familiare, ha soggiaciuto. Nel quadro intimidatorio si colloca anche tutta una serie di riscontrati pagamenti e prestazioni unilaterali in favore di parenti degli estorsori per le rette scolastiche dei rispettivi figli, nonché la consegna di alcuni veicoli e di biglietti per lo stadio. Le indagini avrebbero permesso di accertare che nell’arco del tempo la vittima è stata costretta a versare somme o consegnare beni per un valore complessivo di 60.000 euro. I due arrestati sono stati condotti in carcere, mentre due loro congiunti sono indagati in stato di libertà.

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