Biosensori indossabili per la diagnosi precoce delle malattie, gli scienziati Uniba nel progetto 'Jedi'
I dispositivi elettronici ad alte prestazioni, stampati a base di materiali 2D, saranno sviluppati grazie agli studi condotti dall'Università di Bari e dall'ateneo di Catania. La dottoressa Eleonora Macchia è la responsabile scientifica dell’unità di ricerca barese
Una nuova generazione di sensori indossabili ad alte prestazioni saranno sviluppati grazie al progetto 'Jedi - A junction hybrid enzyme/2D material device', coordinato dal Dipartimento di Fisica e Astronomia 'Ettore Majorana' dell’Università di Catania in collaborazione con il Dipartimento di Farmacia - Scienze del Farmaco dell’Università di Bari 'Aldo Moro'.
Selezionato come Progetto di Rilevante Interesse Nazionale (Prin) e finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, lo studio ha l’obiettivo di comprendere il funzionamento di biosensori enzimatici a base di materiali bidimensionali per sviluppare innovativi sensori indossabili.
La rapida ascesa dei sensori portatili e indossabili per il monitoraggio e la diagnostica decentrati di malattie ad alto impatto globale permetterà una capillarizzazione ed equa distribuzione sul territorio dell’assistenza sanitaria con importanti ricadute per la popolazione e il sistema sanitario nazionale in termini socio-economici ed ambientali. I materiali bidimensionali (in 2D) stanno emergendo come elementi chiave dello sviluppo di piattaforme sensoristiche selettive, veloci e affidabili per biosensori flessibili e indossabili.
"I limiti degli attuali biosensori enzimatici sono dettati dalla scarsa conoscenza della giunzione di contatto tra gli enzimi e i componenti semiconduttori dei sensori - spiega il professor Felice Torrisi, responsabile scientifico del progetto - Il grafene e altri materiali 2D semiconduttori hanno dimostrato di essere tra i migliori componenti attivi di un biosensore, per tale motivo 'Jedi' mira a realizzare giunzioni tra enzimi e materiali 2D di diversa natura per studiarne il comportamento elettronico, al fine di produrre dei modelli fisici per la progettazione di biosensori flessibili e indossabili ad alte prestazioni".
I sensori enzimatici sono al momento un elemento di punta della ricerca sui biosensori ad alte prestazioni. "La comprensione dei comportamenti fisici ed elettronici della giunzione ibrida tra enzimi e materiali 2D permetterà lo sviluppo di una piattaforma di progettazione per biosensori innovativi potenzialmente indossabili, facilitandone il trasferimento tecnologico e la produzione di massa", conclude il professor Torrisi.
"I dispositivi elettronici stampati a base di materiali 2D hanno già dimostrato la loro importanza nello sviluppo dell’elettronica stampata ed indossabile - aggiunge il professor Paolo Musumeci del Dipartimento di Fisica e Astronomia di Unict - La comprensione dei meccanismi di funzionamento di tali giunzioni ibride permetterà un ulteriore avanzamento applicativo per i materiali 2D verso la bioelettronica e le reti distribuite di biosensori".
Il consorzio interdisciplinare riunisce due gruppi di ricerca del Sud Italia che operano nei campi della fisica dello stato solido (Università di Catania) e della chimica analitica (Università di Bari) con conoscenze trasversali ideali per sviluppare sensori ultrasensibili e indossabili per applicazioni nella bioelettronica.
"Il miglioramento quantitativo di alcuni parametri chimico-fisici relativi all’interfacciamento enzima/elettrodo, quindi la realizzazione della giunzione ibrida, si traducono in un netto miglioramento delle figure di merito dei biosensori enzimatici con particolare riferimento alla sensibilità, robustezza, stabilità e riproducibilità - spiega la dottoressa Eleonora Macchia, responsabile scientifico dell’unità di ricerca dell’Università di Bari, che coordinerà l’attività inerente allo sviluppo del biosensore enzimatico e analisi multivariata applicata alla giunzione ibrida enzima/materiale 2D - Le ricadute scientifico-tecnologiche principali del progetto Jedi riguarderanno il monitoraggio
continuo, ultrasensibile e ultraveloce di biomarker correlati a patologie croniche".
Sulla stessa linea la professoressa Luisa Torsi, sempre dell’ateneo barese, ha puntualizzato che "la recente pandemia da Covid-19 ha evidenziato la necessità di sviluppare biosensori estremamente sensibili e selettivi, affidabili e rapidi per consentire una diagnosi precoce di diverse malattie".
Lo stesso progetto di ricerca investigherà, inoltre, l’utilizzo di giunzioni ibride enzima-materiale 2D per lo sviluppo di altri dispositivi elettronici con caratteristiche ancora incognite al fine di comprendere meglio il comportamento di dispositivi per la bioelettronica.