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Cronaca Acquaviva delle Fonti

Miulli, don Laddaga rimette il mandato. Il vescovo: "L'ospedale è in mani salde"

Il sacerdote ai domiciliari nell'ambito dell'inchiesta sulla presunta truffa alla Regione rimette la delega della gestione. La conduzione dell'ente passa nelle mani di monsignor Paciello

Don Mimmo Laddaga rimette nelle mani del vescovo la delega dei poteri per la gestione dell'ospedale ecclesiastico Miulli. Ad annunciarlo è lo stesso ente, all'indomani dello scandalo che ha portato all'arresto del sacerdote e dell'ex dirigente del lebbrosario di Gioia del Colle Saverio Vavalle.

LA GUIDA DELL'OSPEDALE NELLE MANI DEL VESCOVO - La gestione dell'ospedale passa quindi direttamente sotto il controllo del vescovo della Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, monsignor Mario Paciello. "Gli intuibili sentimenti di dolore ed angoscia per quanto accaduto non possono - scrive Paciello nella nota - prendere il sopravvento sulla necessita' che, in questo momento, una struttura di riconosciuta eccellenza, come l'Ospedale 'Miulli', sia esposta al rischio, pur remoto, di sbandamento e smarrimento". "Ed e' per questo preciso impegno e dovere, di carattere eccezionale - continua il vescovo - in ragione delle contingenti circostanze, che il Governatore si occupi in prima persona della gestione ordinaria e straordinaria dell'Ente, con i relativi poteri di firma, supportato, come sempre, della preziosa ed imprescindibile collaborazione tecnico-gestionale della struttura organizzativa dell'Ente nell'ambito dell'autonomia e competenze dei relativi uffici".

LA PRESUNTA TRUFFA SUI FINANZIAMENTI - Don Laddaga è accusato, insieme ad altre otto persone, di una presunta truffa alla Regione nei finanziamenti per la gestione della Colonia hanseniana di Gioia del Colle. Secondo quanto accertato dai finanzieri, nei bilanci della Colonia erano stati inseriti costi inesistenti per ottenere i fondi assegnati dalla Regione, pari a 6 milioni fino al 2009 e giustificarne l'utilizzo. Tra le spese inserite, ad esempio, l'acquisto di uno strumento chirurgico il cui costo era stato 'gonfiato' di cento volte rispetto al valore reale. Oppure l'acquisto di beni alimentari in quantità sproporzionata rispetto alle reali necessità dei pazienti o non compatibili con i loro bisogni nutritivi. Gli indagati avrebbero inoltre ottenuto il rimborso di fatture per l'esecuzione di lavori edilizi di manutenzione straordinaria della struttura sanitaria senza la preventiva autorizzazione della Regione Puglia, proprietaria dell'immobile. I manager aveva anche certificato la regolare esecuzione dei lavori nonostante non corrispondessero alle offerte-preventivo presentate dalla ditta esecutrice con sede in Acquaviva delle Fonti.

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