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Cronaca

Dall'usura 'di quartiere' ai prestiti dei clan, imprese e famiglie nella morsa degli strozzini: con la crisi sempre più facili vittime del "welfare criminale di prossimità"

I due volti dell'usura messi in luce da due diverse indagini: una, denominata 'Cravatte rose', che a novembre scorso ha portato a 13 arresti, un'altra ancora in corso, sulle attività usurarie messe in atto da un'organizzazione criminale nel Barese

Imprenditori piccoli e medi, commercianti e artigiani in crisi di liquidità, messi in ginocchio dalla crisi Covid, ma anche famiglie che subiscono i contraccolpi di un periodo economico complesso. Prede facili per la criminalità, anche organizzata. Così la piaga dell'usura si allarga, mostrando - come emerge dalle indagini - un doppio volto: quello dell'usurario 'di quartiere', e quello dei clan che attraverso i prestiti a strozzo punta a riciclare i proventi delle proprie attività illecite, ma soprattutto a infiltrarsi ancora più saldamente nell’economia legale del territorio. Due espressioni di un “welfare criminale di prossimità”, come lo definiscono gli investigatori.

L'usurario di quartiere e l'operazione 'Cravatte rosa'

In tale contesto, le ultime indagini svolte dal Nucleo di Polizia economica finanziaria delle Fiamme Gialle di Bari Bari hanno, innanzitutto, confermato la presenza della figura dell’usuraio “di quartiere”, ovvero del cosiddetto “cravattaio”, che gestisce - in prima persona o con la connivenza di propri familiari - i rapporti con le vittime, mettendo a frutto la propria ricchezza e lucrando così sullo stato di difficoltà finanziaria dei malcapitati. A novembre scorso l'operazione “Cravatte rosa” ha portato a 13 misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti, di cui 5 in carcere e 8 agli arresti domiciliari. In particolare, le complesse attività investigative - coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari - hanno consentito di disvelare condotte di usura, di tipo “domestico”, per centinaia di migliaia di euro, poste in essere, nel periodo 2011-2020, prevalentemente da donne appartenenti a 4 nuclei familiari nei confronti di loro vicini di casa, residenti nei quartieri popolari Japigia, San Pasquale e San Paolo di Bari. Le indagini sono state avviate a seguito delle dichiarazioni rese da un’anziana donna di Bari, in gravi difficoltà economiche, la quale - presentatasi nel maggio 2019 presso il Nucleo PEF di Bari - aveva denunciato di essere stata vittima di usura da parte di diversi “aguzzini”. Il “modus operandi” dell’attività usuraria prevedeva la restituzione - anche, talvolta, mediante il ricorso a violenze e minacce - della somma prestata (in un arco temporale ricompreso nella maggior parte dei casi tra una settimana ed un massimo di 6 mesi) con l’applicazione di tassi di interesse annui fino a oltre il 5.000%. Inoltre, per i prestiti ottenuti vigeva la regola del “salto rata”, ovvero la vittima - laddove non fosse stata in grado di pagare, alla scadenza, la rata pattuita - era costretta a versare una “penale”, denominata “solo interesse”, ammontante al 50% della rata mensile prevista, con la conseguenza che il debito residuo rimaneva inalterato e che i tempi di estinzione del prestito si allungavano. Oltre a famiglie con gravi difficoltà economiche, sono caduti nella “morsa” dell’usura impiegati, commessi ed operai, alcuni dei quali anche accaniti giocatori di “bingo”, “lotto”, “slot machine” e “gratta e vinci”, tanto che, in una circostanza, una vittima “ludopatica” si è ritrovata in difficoltà tali da dissipare intere fortune, arrivando persino a vendere l’abitazione nella quale viveva. Nel corso dell’indagine, in più, è stato possibile accertare che una delle aguzzine - nonostante le misure restrittive imposte dall’ultimo “lockdown” - non aveva esitato, pur di vedersi regolarmente pagata la rata mensile, a recarsi presso l’abitazione della sua debitrice e farvi ingresso, con la forza, priva dei dispositivi di protezione, nonostante nella casa vi fosse un’anziana allettata, con gravi problemi di salute.

L'usura dei clan: l'indagine in corso tra Bari e provincia 

Ma c'è anche l'altro volto, quello dell'usura gestita dalla criminalità organizzata. Una "presenza preoccupante", sottolineano gli investigatori, "con sodalizi criminali che esercitano, mediante vere e proprie 'strutture organizzate'", come confermato da un'indagine, ancora in corso, condotta dai finanzieri del Nucleo economico finanziario di Bari, guidati dal colonnello Luca Cioffi, e coordinati dalla Procura di Bari. Attività investigative che hanno preso avvio dalla denuncia di un imprenditore pugliese, finito nella rete usuraria di quattro diversi clan. Ma non si tratta certo di un caso isolato: con il procedere delle indagini le vittime si rivelano sempre più numerose. L'indagine, in particolare, riguarda una compagine criminale attiva nel Barese - dal capoluogo a diversi Comuni della provincia - nella concessione di prestiti a “strozzo”, con l’applicazione di tassi di interesse annui fino a oltre il 1200%.

Il modus operandi: gli assegni 'spesi' nei negozi per dissimulare il prestito a usura

Le indagini hanno finora consentito di ricostruire anche un preciso 'modus operandi' utilizzato dalle organizzazioni criminali: la dazione del denaro all’imprenditore usurato avviene per contanti, con riconsegna agli aguzzini nella medesima forma o attraverso l’emissione di assegni bancari privi dell’indicazione del beneficiario o di assegni circolari all’ordine di soggetti contigui al clan. L’assegno bancario privo dell’indicazione del beneficiario viene “speso” presso esercizi commerciali ed intestato al titolare (colluso o costretto, questo è un ulteriore aspetto all'attenzione degli investigatori) dell’attività economica (generi alimentari, abbigliamento, ecc.) che lo pone all’incasso. Per dissimulare le tracce dei flussi di denaro generati dai prestiti usurari nei circuiti finanziari, in alcuni casi la restituzione delle somme vede interessati componenti del nucleo familiare della vittima attraverso l’emissione a proprio nome di assegni bancari/circolari. In caso di insolvenza o di ritardi nella restituzione degli interessi, i clan non esitano a porre in essere vere e proprie “spedizioni punitive” in danno dell’imprenditore usurato, consistenti in vessazioni psicologiche ma anche aggressioni fisiche.

I 'ruoli' nelle attività usurarie: dagli intermediari agli incaricati delle spedizioni punitive

Numerosissimi sarebbero i soggetti risultati coinvolti nelle attività usurarie, circa 90, ciascuno dei quali è risultato incaricato di svolgere un compito preciso in seno al sodalizio criminale di appartenenza. Oltre ai vertici e agli esponenti di spicco dei clan, le attività investigative hanno, difatti, messo in luce il ruolo degli “intermediari” (che hanno messo in contatto gli usurati con le singole organizzazioni criminali), dei beneficiari degli assegni circolari (contigui ai clan) e di coloro che hanno riscosso gli interessi o hanno eseguito le “spedizioni punitive”.

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