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Scuola Del Prete a rischio chiusura, i cittadini si mobilitano: il 25 giugno assemblea aperta. "La struttura resti ai bambini"

Si proverà a organizzare una delegazione per interloquire con le istituzioni, a cominciare dal sindaco Decaro. Tonia Guerra, segretaria Prc ed ex insegnante: "È stata svuotata per scelte incomprensibili"

I cittadini sono pronti a mobilitarsi in difesa della scuola Carlo Del Prete. Lo faranno con un’assemblea aperta convocata per le 18 di venerdì 25 giugno davanti all’ingresso della struttura del quartiere Carrassi – San Pasquale di Bari. L’obiettivo è opporsi alla decisione della dirigenza della scuola e a quella del Comune che destina aule e corridoi agli uffici della circoscrizione del Municipio II e il cortile interno al parcheggio delle auto dei dipendenti, dopo il trasferimento delle ultime due classi della primaria alla Edmondo De Amicis. Per farlo proveranno anche a organizzare una delegazione che possa interloquire con le istituzioni. Il prossimo incontro in calendario, presenti il sindaco Antonio Decaro e l’assessora con delega all’Istruzione Paola Romano è previsto per martedì 29 giugno.

“Chiediamo che tornino alla Del Prete – spiega Tonia Guerra, segretaria cittadina di Rifondazione Comunista ed ex insegnante per molti anni impegnata proprio nella scuola del popoloso quartiere barese – le classi spostate inopinatamente in questi ultimi dieci anni. Inoltre chiederemo una politica di rilancio della struttura e della scuola, con una revisione a favore dei cittadini dell’utilizzo degli edifici pubblici. La scuola si dovrà arricchire non solo ospitando nei suoi spazi lezione frontali ma anche altre attività, per un ristoro educativo a favore di bambine e bambini che hanno subito in questo anno e mezzo di pandemia un colpo tremendo. Molti in casa non hanno una connessione e dispositivi elettronici adeguati o genitori in grado di seguirli”. Guerra ricorda quando all’interno del cortile d’estate andava in scena il cineforum cui partecipava tutto il quartiere, chi non poteva permettersi vacanze altrove. “Chiudere una scuola – aggiunge – durante la pandemia, con la carenza di spazi e strutture, con l’abolizione di fatto del tempo pieno dopo il trasferimento delle classi alla De Amicis, è un delitto. Lo è ancor di più in un quartiere dove mancano spazi di aggregazione e socialità per i ragazzi”.

Guerra ripercorre, a memoria, ciò che è avvenuto negli anni. “Se ci limitiamo a fotografare la situazione attuale come fa il presidente della circoscrizione Giovanni Lucio Smaldone – racconta – la conclusione di trasferire lì gli uffici del Municipio sembra una conseguenza inesorabile. Ma quella scuola dieci anni fa la salvammo con una grande mobilitazione, cui parteciparono comitati cittadini, famiglie, artisti, registi, esponenti politici. Da quel omento in poi invece di un rilancio c’è stato comunque un depauperamento. Classi spostate sistematicamente alla De Amicis, mancanza di personale, calo conseguente delle iscrizioni, fine del tempo pieno. Ovvio che si è arrivati a questa situazione per scelte inspiegabili. Ma fosse anche che il calo demografico, difficile in un quartiere così popoloso, non abbia portato altri iscritti e ci fossero zero alunni, quella struttura dovrebbe essere comunque destinata ai bambini e ai ragazzi del quartiere”.

Nella scuola, secondo quanto stabilito, dovrebbero rimanere solo le classi dei bambini dell’Infanzia. All’assemblea, per opporsi a questa ipotesi, hanno già aderito attivisti di Priorità alla scuola, de La scuola che vogliamo e Scuole diffuse in Puglia e cittadini attivi pronti alla mobilitazione. “Se in tempi normali chiudere una scuola è doloroso- scrive Terry Marinuzzi, un genitore attivo sul territorio sui temi dell’educazione pubblica -  in tempo di pandemia è inconcepibile. Abbiamo bisogno di classi e scuole sostenibili; i bambini e le bambine, le ragazze ed i ragazzi hanno bisogno di cortili animati, di aule natura, di classi meglio organizzate e non di parcheggi per auto spesso inquinanti. In questi giorni, con giusto orgoglio, il sindaco Decaro sta riaprendo teatri storici, amati della nostra città, ed io come tutti sono straordinariamente felice ma invito a riflettere sul prossimo futuro: come riempiremo i teatri se svuoteremo le scuole? Che segnale di civiltà vogliamo dare alle future generazioni? È davvero questa la Bari che vogliamo? La città delle auto, del traffico, della movida sfrenata?”.

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