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Ospedale Covid, affondo Cisl sulla Fiera: "Deve investire e assumere, l'Ente dica qual è il piano per il futuro

Giuseppe Boccuzzi, segretario del sindacato:"Decaro in primis ci dica quali siano le intenzioni su un asset strategico, i soldi ci sono, ma pare sia diventato solo un mercato immobiliare dove affittare spazi"

La realizzazione dell’ospedale Covid nella Fiera del Levante, oltre a dubbi e critiche su opportunità, costi, logistica e personale, mossi da più parti, tocca un altro aspetto delicato: il destino della campionaria. A porlo sono in primis i sindacati. “L’ente responsabile della struttura - spiega Giuseppe Boccuzzi, segretario Cisl Bari – deve presentare un piano industriale. Deve far capire e illustrare concretamente i progetti attorno a uno dei poli produttivi più importanti del territorio. Con la realizzazione dell’ospedale sicuramente alcune attività non potranno più svolgersi, almeno nel medio periodo, ma al di là di questo vorremmo capire cosa accade in una struttura dove si trova di tutto. Ospita Eataly, i locali dell’Apulia film commission, il coworking ImpuctHub e ora l’ospedale Covid, spazi dedicati alla campionaria a parte. Stessa cosa chiediamo alla Regione e al sindaco Antonio Decaro, anche in veste di rappresentante della città metropolitana. Sono gli enti politici che compongono il consiglio di amministrazione. Ci ritroviamo questo ospedale dall’oggi al domani senza sapere in quale direzione si stia andando”.

giuseppe boccuzzi cisl bari scrive al sindaco di bari : “puntare sul piano triennale delle opere pubbliche 2015/2017 per riassorbire la platea di disoccupati”A preoccupare le organizzazioni sindacali è la mancanza di un  progetto che possa rilanciare la Fiera anche dal punto di vista occupazionale. “Ci chiediamo – insiste Boccuzzi – come l’ente abbia intenzione di investire i soldi destinati al Polo della culture con oltre un miliardo di euro della Regione, in parte finanziati dal Recovery fund, e i 111 mila euro mensili di fitto pagati dall’ospedale. Le risorse a questo punto ci sono, si può dare lavoro ben oltre la decina di dipendenti attuali, ma ci vogliono investimenti e progetti di sviluppo. La Fiera prima della crisi, del rischio fallimento e della scissione in Ente fiera e Nuova Fiera occupava 80 persone fisse e 400 stagionali”. Di certo il fermo delle attività dovute alla pandemia Covid non aiuta a pianificare le iniziative della campionaria, i giorni scorsi è emerso come la presenza dell’ospedale stia portando alla cancellazione di grandi eventi e potrebbe bruciare all’incirca 160 milioni di euro di introiti.

“Al di là di questi calcoli – sottolinea ancora Boccuzzi – che riguardano la campionaria e la parte privata della Nuova Fiera legata alla Fiera di Bologna, anch’essa con un numero limitato di persone occupate, una decina, bisogna partire da un piano strategico della struttura. E questo dipende dall’Ente Fiera. Fosse anche la decisione di ristrutturare edifici e alcune parti dell’area che necessitano di interventi edilizi, anche quelli darebbero sviluppo e occupazione. Ci dicano, a cominciare da Decaro, cosa dovrà insomma dovrà diventare: un mercato immobiliare che affitta spazi o altro? Noi spingiamo affinché torni un asset di sviluppo del territorio”.

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